In viaggio con mio padre Siria 1961

 



 

Quando mio padre mi annunciò, nel mese di marzo del 1961, che il viaggio programmato in agosto-settembre avrebbe avuto come meta principale la Siria, ebbi quel fremito particolare che solo un “viaggiatore, colui che cerca”, prova. Subito mi tornò alla mente quella lezione di storia del maestro Pierotti in quarta elementare: la conquista del medio oriente da parte delle legioni romane, lo sbarco delle stesse a Laodicea e la costruzione di quell’arco di trionfo in onore dell’imperatore Settimio Severo a perenne memoria della potenza ed egemonia dell’Impero (183 d.c.).  E ll mio celato, recondito desiderio di passarci sotto aumentò il mio fremito.

Non solo. Quella lezione ricordò anche l’epoca dei Fenici con l’insediamento a Ugarit, considerata una delle città più antiche dove gli archeologi hanno ritrovato i più remoti esempi di scrittura alfabetica.

 

Nel 1961 ancora parte della storia di questo paese non era stata scritta. Si pensava allora che la Siria avesse raggiunto finalmente la pace e l’armonia delle sue genti divise in miriadi di trbù, legate alle interpretazioni del Corano.

Tutto questo grazie all’azione svolta dall’allora Presidente dell’Egitto, Nasser, nel costituire la RAU, Republica Araba Unita. Ma non fu così.

Ebbi appena il tempo di rientrare in Italia e quel magnifico paese fatto di colline verdeggianti, deserti che si perdono all’orizzonte, vestigia storiche millenarie  e quella ridente costa mediterranea, ripiombò in lotte fratricide che ancora oggi segnano la quotidianità.

Porterò nei miei ricordi la visione di Latakia (Laudicea) vista avvicinarsi dal mare in quel caldissimo e luminoso giorno di fine agosto.

La M/n Nicoletta delle Linee Messina, carica di legname, proveniente da Cipro, approdò al molo assegnato. Iniziò così la mia conoscenza di Levante (una delle traduzioni di Siria).

Ci fu detto che spostamenti e visite di giorno sarebbero state possibili. Di notte era in vigore il coprifuoco, quindi al tramonto o a bordo o in albergo a sorseggiare   أنت (thè, grafia riportata insieme a quella araba) aromatizzato e fumare il dolce tabacco “laodicea”.

A proposito; la Siria allora era una dei paesi maggiori produttori di tabacco e fu proprio questo prodotto, confezionato in balle, il contenuto delle stive del Nicoletta nel rientro verso Genova.




Latakia. Era allora la porta d’ingresso per i traffici commerciali,  la più importante città portuale della Siria. Si trova molto vicina al confine con la Turchia.

Fu il porto più importante degli insediamenti dei Fenici prima e dei Greci poi. Da qui pare che partirono le prime navi cariche di vino syrah alla volta del delta del Rodano. Poi arrivarono gli ottomani (turchi) che la inclusero, insieme a tutto il territorio siriano, nel loro grande Impero.

Nel visitare la città e la sua costa con spiagge bellissime fino a Ugarit respirai quell’aria di libertà provata a Beirut due anni prima. Quell’aria un po’ mondana, modaiola, fuori dai rigidi parametri di vita quotidiana araba imposta da una lettura particolare del Corano. Quell’aria europea, francese dovuta al protettorato della Francia durato fino al 1946 e ancora visibile architettonicamente parlando, nella vita quotidiana, nei caffè dei piccoli villaggi fino alla frontiera con la Turchia.




Damasco. Il caos arabo, i suk pericolosi, gli sguardi diffidenti, le donne velate sfuggenti, continui spari anche di giorno. La vita quotidiana ormai abituata allo scoppio di qualche bomba, all’arresto degli oppositori del regime, alle manifestazioni del partito Ba'th ancora non al potere ma già forte, ben radicato, guidato dalla famiglia Assad.

Nonostante questo clima surreale riuscìi a visitare Il palazzo aristocratico Azm, usato dalla famiglia dei governatori ottomani Azm  con tanto di harem e salamilk, le stanze destinate agli ospiti. Sfarzi di decorazioni in stile ottomano con ampi cortili con le tradizionali fontane a cascatella. Al momento della mia visita era già sede del  Museo di Arti e tradizioni popolari.

La Grande Moschea degli Omayyadi, il principale edificio di culto della città. Esempio dell'architettura islamica. Tempio di Giove al tempo dei Romani, Chiesa dedicata a San Giovanni Battista durante il periodo dell’Impero Romano di Oriente ed infine Grande Moschea per il culto islamico. Resistita a saccheggi, parziale distruzione, incendi, terremoti, interventi di ricostruzione influenzati dalle diverse faide religiose musulmane, si presentò nella sua imponenza con i suoi minareti e la cupola mastodontica. Al suo esterno il Mausoleo del feroce Saladino di antica memoria.




Vuoi non visitare un mitico caravanserraglio? Il più grande di Damasco: Il Khan di Azim Pascià, ben 2.500 metri quadrati a rappresentare un notevole esempio dell'architettura ottomana.

Infine Palmira. Arrivato in tempo per vederla nel suo splendore. Il tempio di Bel, il celebre colonnato,  il campo militare di Diocleziano.




Il rientro a Latakia non fu semplice. Mi sembrava di essere un inviato di guerra. Diverse deviazioni stadali per evitare posti di blocco di discordi fazioni in una escalation che da lì a pochi giorni avrebbe dato inizio ad una guerra che ancora, dopo sessant’anni, non è finita.

La M/n Nicoletta, carica di balle di tabacco, era pronta a salpare.

A fine settembre il partito Ba'th guidato dalla famiglia Assad, prese il potere. Nel 2015 la fazione dell’Isis fece saltare il tempio di Bel e parte del porticato a Palmira per liberare la Siria dai monumenti inneggianti al politeismo. La triste storia della Siria è nella realtà dei nostri giorni.

Credo di essere stato uno dei pochi viaggiatori a visitarla in tempo di relativa pace. Grazie a mio padre.




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